Asp, segnali positivi per un reale sviluppo del mercato

Una ricerca condotta da Sirmi e Sda Bocconi indica che oltre il 30% delle società intervistate presenta una propensione positiva verso il modello Application service provisioning. La maggiore disponibilità arriva dalle aziende medio-grandi.

 


Asp è un modo di portare un servizio, non un modo d’essere. Questo uno dei primi commenti di Maurizio Cuzari, amministratore delegato di Sirmi che, con Sda Bocconi, ha condotto e presentato la ricerca, commissionata da un gruppo di società del settore, relativa a “Quantità e qualità dei servizi Asp in Italia“. Con l’Asp l’azienda utente non trasferisce risorse aziendali all’outsourcer, ma riceve un servizio completo, fatto di risorse elaborative e di applicazioni funzionanti e aggiornate nel tempo dal punto di vista funzionale e tecnologico. I fornitori del mercato Asp hanno genesi diversificate e provengono in prevalenza da disparati settori, dal mondo delle applicazioni, dal mondo delle Tlc o dei system integrator. Non si può certo dire che l’attuale dimensione del mercato italiano, 10 milioni di euro stimati nel 2002, abbia gratificato i fornitori né che la soluzione presenti in assoluto caratteristiche vincenti nei confronti delle opzioni “tutto in casa” o verso l’outsourcing. Vi debbono sicuramente essere ragioni reali per un tale stato di cose, e alcune sono state espresse in modo esplicito nel corso della manifestazione, quali il costo che l’opzione Asp presenta se il servizio è troppo personalizzato o la limitata convenienza a fornire un servizio se le infrastrutture restano di proprietà del cliente, o peggio ancora i limitati investimenti finora effettuati nella commercializzazione del servizio. Ma vi debbono essere motivazioni più profonde se Telecom ha classificato sul suo catalogo d’offerta in altri modi (Web service) servizi in passato classificati come Asp. “Non è forse che le aziende già alle prese con le problematiche di sviluppo e gestione del sistema informativo, con risorse interne o terziarizzate, siano restie ad aggiungere altra complessità?“, ha sottolineato Paolo Pasini di Sda Bocconi, che ha approfondito la ricerca quantitativa e qualitativa condotta da Sirmi, con interviste dirette a gruppi di aziende rappresentative per far emergere aspetti critici e soft del fenomeno Asp. “E non è che forse il mercato dell’offerta – ha incalzato Cuzari – ha proposto una soluzione di cui le aziende non ne sentivano necessità?“. Le sollecitazioni di Cuzari e Pasini, oltre a tenere viva l’attenzione dell’uditorio presente in Assolombarda, hanno consentito una lettura finalizzata dei risultati della ricerca, che sembrano portare una ventata di ottimismo.

I risultati della ricerca


Oltre il 30% del campione di aziende intervistate (650 in rappresentanza di un universo di circa 72mila, diversificate per dimensione e settore economico) dichiara, infatti, un interesse reale o potenziale per soluzioni Asp. “Abbiamo affrontato la ricerca in due step – ha chiarito Pasini -. In un primo momento abbiamo fatto la raccolta dei dati con questionari, per poi, sulla base dei risultati analizzati, procedere a individuare quattro cluster di aziende, alcune delle quali sono state oggetto di interviste dirette di approfondimento“. I cluster di aziende sono stati individuati considerando la percentuale di spesa It destinata al software, la localizzazione delle infrastrutture hardware e software, il ricorso all’outsourcing, la complessità del portafoglio applicativo e il ruolo del sistema informativo per l’azienda in termini di efficienza, costi, aggiornamento tecnologico. Il 46% delle aziende non presenta potenzialità di adozione di soluzioni Asp. In tale insieme si registra una maggior presenza relativa di aziende industriali e di realtà fra i 20 e i 49 dipendenti. Il 19% dichiara invece “potenzialità Asp soggettiva”, con previsioni di adozione, ma senza caratteristiche strutturali che ne spieghino il bisogno. In tale gruppo si registra una maggior presenza, rispetto alla media complessiva, da parte di aziende industriali e di servizi, e in particolare di aziende dai 50 ai 99 dipendenti. Decisamente minore la presenza di piccole aziende. Chi ha propensione soggettiva preferisce stipulare un contratto con un unico interlocutore, a canone fisso, e teme di perdere con l’Asp il controllo sulle applicazioni, di avere problemi di sicurezza informativa e di disponibilità di servizio.


Presenta “potenzialità Asp oggettiva” il 17 % delle aziende, con una predominanza, rispetto alla media, di aziende del commercio e del settore pubblico, e maggior presenza di aziende medie e grandi (da 50 a 99, da 100 a 199, da 200 a 499 dipendenti). Tali aziende sono disposte a stipulare contratti con più interlocutori e sono orientate al canone fisso, essendo inoltre più sensibili rispetto alla media ai problemi di sicurezza informativa e di disponibilità delle applicazioni. Il raggruppamento “potenzialità Asp massima” che ha un valore attorno al 18%, vede una presenza di aziende medio-grandi appartenenti a tutti i settori indagati, tranne a quello industriale. Le aziende presentano un orientamento a interagire con più interlocutori e preferiscono il canone variabile. Tali aziende hanno una superiore percezione dei benefici conseguibili con la soluzione Asp, con particolare attenzione alla riduzione dei costi, e all’aggiornamento tecnologico e funzionale assicurato dal fornitore. Si registra, inoltre, la propensione a un utilizzo esteso dei servizi Asp, dall’Erp settoriale, alla Bi, all’email e messaging, al software di produttività individuale, al software grafico, a marketplace, portali ed e-commerce. Le motivazioni della grande azienda verso l’Asp non sono ancora state ben focalizzate, ma è indubbio che se ne possono individuare parecchie, dalle esigenze di time-to-market, alla specializzazione, alla sperimentazione, e, perché no, anche al costo. Certamente erogare Asp alla grande impresa presenta come prerequisito una offerta di valore aggiunto, che assicuri livello di servizio, sicurezza e integrazione con le altre componenti di infrastruttura e applicative.

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