Aria di innovazione per le in-house

Le società Ict degli enti sono in tendenza positiva e puntano a essere un volano per il territorio.

A Milano c’è stata la prima uscita pubblica di Assinter Italia, con un rapporto e alcune proposte. A farle è stato Renzo Rovaris di Csi Piemonte, che è presidente dell’associazione che racchiude tredici realtà Ict cosiddette in-house, ossia emanazione di enti pubblici, tipicamente regioni e province autonome.

Fanno parte di Assinter tredici società: Inva, Csi Piemonte, Datasiel, Lombardia Informatica, Informatica Alto Adige, Informatica Trentina, Insiel, Lepida, Cup 2000, Webred, Lait, Innova Puglia e Sardegna It.

Secondo Rovaris c’è bisogno di fare chiarezza sulla loro attività: «Spesso le si dipinge come realtà che agiscono contro la concorrenza – ha detto – ed è inesatto».

Sono, dice il primo rapporto che le riguarda, società in salute, che vivono un trend positivo, nonostante lo stato attuale del mercato Ict: nel 2008 hanno avuto un giro di affari di 780 milioni di euro. E a fine 2009, secondo Rovaris, registreranno una crescita. I dipendenti sono 5mila e il loro valore aggiunto medio è di poco al di sotto dei 75mila euro.

Come lavorano le in-house? Per destinazione intercettano la domanda Ict pubblica e la soddisfano con risorse interne, ma anche, ha sottolineato Rovaris, con il ricorso alle aziende sul territorio. Danno, in sostanza, lavoro alle piccole e medie realtà Ict locali, facendosi strumento di sistema.

E anche per il presidente di Lombardia Informatica, Alberto Daprà, le società in house sono chiamate a una nuova missione: raccogliere la domanda e farsi collegamento con il mercato, specie quello delle Pmi.

Per lo più le in-house oggi lavorano su reti di Tlc (banda larga) e infrastrutture.
Per il futuro «devono trovare le opportunità per sviluppare imprese innovative – ha sostenuto Rovaris -. La Pa è fonte di innovazione solo se esprime una domanda adeguata, che non deve essere frazionata. A livello regionale c’è bisogno di una domanda programmata. Le in-house, dove ci sono, questo lavoro lo fanno e bene. Consentono alla Pa di avere una struttura al proprio servizio che usa metodi di lavoro privatistici, di efficienza. A livello centrale non c’è una situazione analoga. I risultati si sono solo dove c’è una buona capacità di organizzazione che fa leva sull’Ict». E il presidente di Assinter ha citato i casi del Fisco (con Sogei) o dell’Inps, che ha investito in capacità interne.

Si viene così al punto chiave: la legge Bersani, che ha imposto che le in-house lavorino solo per il proprio stakeholder, l’ente di cui sono emanazione.
«Invece noi vorremmo creare un catalogo dell’innovazione, per sfruttare il know-how delle altre realtà – ha continuato Rovaris -. Puntiamo a che venga modificata la legge, proprio per consentire che le in house possano collaborare e perché sia autorizzato il riuso. E poi chiediamo lo sviluppo di un modello nazionale articolato su base regionale».

Qualcosa però si è già mosso: la legge 99 del 2009, che autorizza le in house a lavorare all’estero. «Opportunità già colta – ha detto Rovaris -. Sappiamo proporre all’esterno fuori un modello funzionante. Per esempio Csi ha già collocato imprese piemontesi in Sudafrica».

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