Arcserve r16, la disponibilità del dato non è negoziabile

Oggi si può fare bene con il modello ibrido: dato in locale, copia nel cloud.

Ca Technologies ha presentato Arcserve r16 a utenti e rivenditori italiani a Roma, Milano e presto lo farà a Padova. 100 rivenditori in totale sulle tre date, dei 500 che in Italia, come ci ha detto il responsabile di canale, Gianpaolo Sticotti, almeno una volta portano il verbo della data protection di Ca sul mercato e con il loro lavoro contribuiscono a creare implementazioni di eccellenza, come quella di Yamaha o di La Perla.

Una soluzione che è sul mercato da anni e che «è viva più che mai», come ha aggiunto Fulvio Generoso, senior consultant, per smentire qualche analista che «è rimasto indietro di due anni e mezzo».

Una soluzione per la disponibilità di dati, applicativi e servizi che, ha aggiunto Generoso, «unisce i mondi della virtualizzazione e del cloud e punta a ridurre i tempi di backup e ripristino».

La virtualizzazione non è un’isola
La r16 serve adesso anche perché in passato le aziende hanno virtualizzato male?
«La virtualizzazione – risponde Generoso – ha portato a una proliferazione immane di macchine. Se una volta per avere un server o un client ci volevano giorni, ora li si ottiene in minuti. Risultato, si hanno troppi dati da salbare. La virtualizzazione per dare valore deve prevedere il restore granulare. Arcserve lo fa già dalla versione 15: dall’intera macchina, scendendo fino al singolo file. Con la r16 lavoriamo con le Api dei fornitori di virtualizzazione. Ossia, la soluzione è agentless e facciamo il restore di database Microsoft sulla macchina virtuale».

Arcserve r16 punta a ridurre i tempi di backup. Come e perché adesso, lo illustra sempre Generoso, facendo un piccolo excursus: «il backup primordiale nella virtualizzazione era la copia brutale. Poi è stato introdotto il restore del file. Ora si parla di changed block tracking. La sostanza è che si deve fare il backup con criterio e che la virtualizzazione non deve essere un’isola, ma il suo contenuto va visto e salvato insieme al dato residente in ambiente fisico».

Non solo, «va fatto con la stessa interfaccia».

Automatizzato il backup, no il ripristino: «è lì che serve l’intervento umano, proprio per non creare problemi di sovrapposizioni».
Una soluzione, insomma, che mette nel mirino anche lo storage come servizio.
«Del resto, il cloud è il metodo più sicuro per fare backup – dice ancora Generoso – e Arcserve ha agganci con tutte le piattaforme di cloud pubbliche per creare una vera struttura ibrida: disco locale con copia nel cloud è l’approccio».

La soluzione in sintesi

La particolarità della nuova versione è di unificare le funzioni di data management con un’architettura per l’integrazione con il software di terze parti come strumenti per il monitoraggio remoto, piattaforme di gestione e soluzioni cloud di Amazon Web Services, Microsoft, N-able e LabTech.

Focus è la gestione di ambienti ibridi.
La funzione Central Host-Based Vm Backup fa proteggere le infrastrutture virtuali eseguendo l’immagine delle Vm host per Vmware vSphere, così come la replica completa dei sistemi, sia fisici che virtuali, con funzioni di alta disponibilità in ambiente Hyper-V, Vmware vSphere e Citrix XenServer.
Il recupero di singole applicazioni e il ripristino granulare di specifici file e cartelle possono essere eseguiti in minuti.
Central Virtual Standby fa schedulare la conversione automatica dei punti di recupero basati su immagine dei formati Vmware Virtual Disk o Microsoft Virtual Hard Disk per velocizzare il ripristino di dati e servizi.

Tra le novità della r16 c’è anche un sistema di connessione cloud comune alle operazioni di backup tradizionale dei file, disk imaging, replica e alta disponibilità, che fornisce un accesso integrato allo storage su cloud ibridi, con interventi su Amazon Web Services, Microsoft Windows Azure ed Eucalyptus, per protezione remota offsite, archiviazione e failover dei dati.

Consente anche di utilizzare Amazon Elastic Compute Cloud come infrastruttura di disaster recovery per ripristinare l’operatività nel caso di problemi a carico dell’infrastruttura on premise.

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