Apm, cosa da grandi

Un ritratto dell’Application performance management in Italia fatto sentendo chi gestisce il software sul campo. Usato più nelle Tlc che in altri settori.

Ca ha commissionato a NetConsulting una ricerca sull’importanza della gestione delle prestazioni applicative nell’ambito delle imprese italiane, cioè sull’utilizzo che si fa delle soluzioni di Application performance management.

La spinta a indagare la situazione italiana parte dalla considerazione del fatto che in tempo di architetture Soa, le applicazioni Web non solo generano profitti, ma sono anche l’immagine dell’azienda stessa verso l’esterno. Pertanto l’integrità delle transazioni e la soddisfazione degli utenti diventano un tutt’uno da tutelare con sistemi che valutino la prestazione delle applicazione.

Per i committenti l’indagine, l’evoluzione dei sistemi informatici verso le Soa ha spostato l’attenzione dal monitoraggio dei sistemi a quello dei servizi, tanto che si ritiene che nei prossimi cinque anni conoscere e misurare la cosiddetta “user experience” diventerà un problema cruciale per i Cio.

NetConsulting ha selezionato 60 fra le 90 maggiori società che investono in It in Italia, ottenendo 37 risposte valide per la propria indagine, condotta con interviste dirette fra novembre 2007 e lo scorso febbraio, sentendo responsabili di infrastrutture e di esercizio dei sistemi e, laddove presenti, responsabili del service management. Persone operative, dunque, non Cio; funzioni che stanno quotidianamente in linea, sul campo dei datacenter.

I risultati emersi mettono in luce una situazione non uniforme nell’adozione di strumenti e soluzioni di Apm, nonostante l’utilizzo sia trasversale a gran parte dei settori di industry.

L’indagine ha evidenziato che circa il 72% delle aziende dispone di un punto di riferimento per l’analisi ed il controllo del servizio erogato. Però emergono differenze tra settori. Le grandi aziende dei comparti Tlc/Media e Gdo presentano una figura preposta a queste attività nel 100% dei casi, mentre Pal e Finance sono dotate di tale figura nel 75% e 72,7% dei casi. L’industria e la Pac sembrano le meno strutturate, avendo un responsabile solo nel 62,5% e 60% dei casi.

In alcune realtà in ambito Pa si registra la presenza di una “control room”, ossia di un insieme di risorse dedicate al monitoraggio dei sistemi informatici, ma spesso tali strutture hanno la sola responsabilità di controllare il corretto funzionamento dei sistemi, senza peraltro che vi siano policy aziendali specifiche di gestione delle prestazioni applicative.

La diffusione di strumenti ascrivibili a soluzioni di Apm è relativamente alta: 71,9%, in particolare nella Pal e nella Gdo, dove si registra una presenza di strumenti del 100%. Ben diffuso l’utilizzo di Apm nella Pac (80%).

Le aziende orientate a mettere l’Apm a supporto delle attività che hanno impatto sul business sono quelle dei comparti Tlc-Media (100%) e industria (87,5%). Contrasta il dato della Gdo, che ha responsabili del controllo del livello di esercizio, ma adotta strumenti di misurazione dell’impatto economico solo in un caso su due.

Oltre che per le classiche attività di monitoraggio del funzionamento dei sistemi e delle prestazioni delle applicazioni, l’Apm è anche utilizzato dal 50% del campione con una logica di diagnosi preventiva, per risolvere in anticipo le criticità, prima cioè dell’apertura di ticket generati su segnalazione dell’utente finale.

A livello prospettico l’indagine indica che il 75% del campione ha in cantiere l’avvio di progetti di Apm tra il 2008 e il 2009, con la maggior parte di questi pianificati per l’anno corrente e relativi alle aree più critiche per lo svolgimento dell’attività core delle aziende. In tutti i settori sono in corso espansione e ampliamenti alle soluzioni già utilizzate. Più attiva di altre, in tal senso, è la Pa, con progetti tesi in larga misura al monitoraggio dei servizi (77%). L’architettura Soa risulta ancora poco adottata: solo il 34% ha dichiarato una presenza di applicativi conformi.

All’interno del campione analizzato, il 50% ha indicato l’assenza di modalità strutturate per l’analisi della customer experience, con valori alti nella Gdo, nel Finance e nella Pac. Nei casi dove invece la si pratica, si fa un utilizzo di monitoraggio mirato all’analisi del traffico di rete e delle possibili cause di problemi di comportamento dell’utente online. Solo il 25% gestisce tale attività sotto il mero profilo di gestione delle prestazioni.

Analizzando i motivi che trainano gli investimenti in soluzioni di Apm, per il 70% del campione esaminato da NetConsulting esiste innanzitutto la volontà di migliorare il grado di soddisfazione dell’utente, sia esso esterno o interno all’azienda, durante la sua esperienza di utilizzo degli applicativi.
Meno rilevanti appaiono i fattori di freno agli investimenti, che derivano dalle priorità aziendali e dalla complessità della tematica.

Il rapporto prezzo/funzionalità è la caratteristica indicata come elemento discriminante l’acquisto della soluzione, a dimostrazione della scarsa tendenza a effettuare un’analisi del Roi. O anche che si tratta di temi a cui si dedica di più il Cio che non il manager di linea.

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