Api economy: agilità interna e nuove revenue

Il software ridisegna i processi e i canali di profittabilità aziendale. Ristudiare l’Ict come servizi aperti può portare risparmi e risorse insperate.

Nel passato il software aziendale è stato pensato come collante diretto tra componenti poco inclini alla comunicazione. In questo modo, qualunque sia la qualità del risultato finale, qualsiasi modifica risulta complessa, costosa, lenta e dai risultati imprevedibili.
Il sistema complessivo è stato messo sotto enorme stress dal proliferare di sorgenti di contenuti e di device di visualizzazione. Questa spinta ha richiesto lo sviluppo di un nuovo paradigma di fornitura del collante attraverso servizi ben definiti attraverso interfacce di programmazione.
Se ben sviluppate, le Api rendono il sistema complessivo molto più pronto alle nuove sollecitazioni del mercato, libera la creatività dei gruppi interni all’azienda e -in casi di successo- apre nuovi mercati generati dalla vendita all’esterno dei servizi creati per uso interno. E’ questa l’evoluzione del software che porta alla Api economy. Non si pensi che si tratti di una questione marginale, perché l’uso delle Api sta diventando centrale: “già nel 2015 le Api saranno la scelta di base in qualsiasi tipo di business”, sentenzia Kin Lane, evangelista del nuovo mondo del software.
In particolare si tratta oggi di Web Api, ovvero di servizi disponibili sul web secondo gli standard Html/Xml/Json. Salvo altro avviso, è in questo senso che in questo articolo viene usato il termine “Api”. Questi servizi mettono in contatto tra loro i sistemi software aziendali (interni ed esterni), ampliandone disponibilità ed estensione. La base teorica di questo articolo proviene dall’eBook Winning in the Api Economy, recentemente sviluppato da 3Scale.


Nuovi processi, nuovi mercati

I Cio ma anche gli alti dirigenti dovrebbero maneggiare l’argomento con dovizia di particolari. Infatti, benché parta da un elemento di tecnica del software, l’Api economy è un elemento di strategia del business. E’ questo un punto essenziale, disruptive diremmo oggi, tuttavia semplice da spiegare. Grazie alle Api si aprono porte di contatto a gruppi di lavoro ancora non noti per ottenere risultati aziendali ancora da determinare. Questo risultato è una diretta conseguenza del diverso modo di progettazione del software, che finora è stato inteso come contatto tra due specifiche componenti (e solo loro) mentre adesso diventa uno strumento a disposizione di qualsiasi gruppo voglia usarlo.
Questa parte è un chiaro problema di organizzazione aziendale e di processo, anche se sul filo della teoria più che della pratica, con connessioni solide ma lasche, quindi molto agili.
La parte più visibile è invece la ristrutturazione dei processi già in essere con connessioni ben strette, riducendo i costi di manutenzione e -per quanto possibile- aumentando l’agilità complessiva.


Portare le Api all’esterno

Alcune categorie, ormai ben note, di successo della riorganizzazione per Api sono le linee aeree low cost, l’ospitalità di viaggio, le app per servizio taxi, che hanno seguito la strada di news, musica, video e libri.
Se l’Ict deve mappare il business, i due livelli -processi e software- devono avere strutture simili o almeno compatibili durante l’intera catena di creazione del valore. E’ quindi necessario che l’alta dirigenza tracci i processi strategici in chiave di programmabilità, partendo già dalle persone.
Secondo 3Scale, le attenzioni chiave sono quattro:
-l’uso disciplinato di interfacce ben strutturate all’interno dell’azienda;
-punti d’integrazione ben posti e di elevata potenza;
-chiare strategie d’ingaggio dei partner;
-chiare strategie d’ingaggio dei clienti.

L’esempio di Amazon è centrale nel successo della Api Economy. Alcuni servizi interni possono essere venduti all’esterno, diventando nuovi canali di entrata sia direttamente (vendita dell’accesso alle Api) sia indirettamente (creazione di nuovi canali, servizi, gruppi di utenza). Le interfacce qui citate sono, in ultima analisi, proprio le Api.

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