Aol, la terza via al digital advertising

Nel descrivere la doppia anima anima di Aol, la managing director della filiale italiana Christina Lundari ha individuato il target delle mosse della realtà che a gennaio entrerà nel vivo della propria azione. Sono Facebook e Google, chiamati i “due gorilla“, termine usato per significare rispetto verso la potenza della posizione raggiunta, ma anche la necessarietà di provare ad addomesticarne l’irruenza e a convogliare utenti e opportunità su un altro soggetto. Che è appunto Aol.

Christina Lundari, Managing Director di Aol per l'Italia
Christina Lundari, Managing Director di Aol per l’Italia

Digitale e business – Lundari arriva nella posizione che occupa dopo un percorso che da Wpp l’ha portata per sette anni in Google come Sector Leader e nel 2014 in Microsoft come Country manager della divisione adv. Quindi il settore del digital marketing e advertising lo conosce bene. Sa cosa serve per farlo lievitare in un settore business che ha un netto bisogno di contenuti di qualità, di cui ora non dispone, come ci ha detto a margine della conferenza di presentazione allo Iab Forum 2015. Se il consumer può dirsi già pronto al contesto digitale, il settore aziende deve ancora fare dei passi. Ma, è il senso dell’esposizione di Lundari, necessita di qualcuno in grado di supportarle. Logico che la proposta di Lundari converga su Aol, in modo motivato dal percorso che hanno fatto i due pilastri di Aol: culture and code, contenuti e tecnologia.

Contenuti nel Dna – La direttrice culture è quella dei contenuti, prodotti in Aol o nelle realtà editoriali satelliti come Huffington Post, Tech Crunch, Huffington post live, Makers (magazine fatto da donne che racconta storie di donne), aol.on che è un network di video di qualità, content 365, partner studio che crea branded content per far interagire gli utenti non solo con il video ma con un progetto editoriale, Microsoft Msn, con cui è stata stretta una partnership decennale.

Tecnologia integrata – La direttrice code ha fra i vari asset adap.tv, piattaforma per erogare video ads in modo programmatico; la piattaforma che distribuisce native advertising Gravity; Be On, la piattaforma di branded video syndication; Convertro, strumento di distribuzione che misura il contributo che ciascun canale di comunicazione porta all investimento media, anche canali offline (misura TV, stampa, digitale, outdooor, in tempo reale tramite dashboard), Precision demand, che integra la gestione delle piattaforme di investimento.

Lotta ai gorilla – Acquisendo a giugno Aol per 4,4 miliardi di dollari, Verizon ha messo a fattor comune tutti questi asset per puntare a diventare la prima media technology company al mondo, che vuole appunto competere con “i due gorilla“, Google e Facebook.
Per farlo compiutamente, come ci ha detto Lundari, servono contenuti premium, di qualità, e partnership oculate.
E oltre alla partnership con Microsoft è arrivata Millennial Media, piattaforma che consente a chi produce applicazioni di monetizzarle, e consente ad Aol di avere un inventory di qualità per il mondo mobile.

L’integrazione fa la forza – La sommatoria fra Verizon, Aol, Microsoft e Millennial Media vuole essere più forte della combinazione degli addendi. E il fattore moltiplicativo oltre che nei numeri (presenti in 21 mercati, pubblico raggiunto, 500 milioni di utenti al mese) sta nell’integrazione delle piattaforme. Il poker di soggetti dispone di un inventory a valore, propone esperienze di comunicazione personalizzate, con una piattaforma mobile e un network video premium, cavalca già la convergenza fra Tv e digitale, conta su dati di utenza consistenti (solamente lato Microsoft può contare su milioni di account di login, che per le campagne target è “molto più solido del cookie” ha detto Lundari).

One by Aol – Ed ecco che l’offerta integrata che sta nascendo si propone significativamente con il nome di One, incarnando un senso di unicità che fa capire come i clienti, se vorranno, potranno comprare spazi media su Tv, video, display, accedere a un inventory e a un marketplace video, fare audience management per le campagne, misurare i risultati, in modo unitario, tramite Aol, ma potendo contare sull’ecosistema dei suoi partner. I lavori di integrazione stanno iniziando in tutti i paesi in cui la realtà è presente e nel 2016 saranno terminati. Risultato sarà un modello di sviluppo di contenuti, distribuzione e monetizzazione degli stessi. Quei contenuti di qualità che, come ci diceva Lundari all’inizio, oggi in Italia mancano, sia sul versante aziende, sia su quello degli editori.

Italia da fare – Le priorità del mercato italiano indicate da Lundari per certi versi sono note, ma quelle devono essere: video, mobile, custom solutions, e, in senso più strategico, riuscire ad aprire le porte alle aziende italiane verso l’estero. Gli interlocutori  indicate dalla manager sono «le aziende finali, agenzie ed editori. Noi parliamo direttamente con i publisher». Lundari coordina un team di 30 persone, in buona parte provenienti da Microsoft e che da gennaio proporrà la piattaforma impostando il cammino di integrazione.

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