Anche per il trade gli esami non finiscono mai

Mancano persone con le competenze necessarie al mercato Ict. Perciò le aziende devono istituire percorsi formativi interni. Ma anche l’autoapprendimento non può mancare

Skill shortage, ovvero il dislivello che esiste tra competenze esistenti e quelle richieste dal mercato. Se ne parla da un po’ e sempre più spesso. Fioccano le analisi di mercato che evidenziano come questa discrepanza si avverta soprattutto nel mercato Ict.
Ma perché questo fenomeno, del tutto naturale durante i processi di evoluzione industriale, si sta evidenziando così tanto? Gli economisti osservano che il mercato è cambiato, non tanto perché sono cambiate le modalità di vendita o di produzione, ma soprattutto perché, a essere venduto, non è più soltanto un bene tangibile e ben definito, ma un “servizio” o addirittura un’idea. Per fare un esempio, oggi il business legato alla vendita di abbonamenti telefonici è una realtà di pari dignità a quella delle produzioni di telefoni veri e propri. Risultato? È fondamentale sapere quali sono, e come introdurre nella propria attività, questi servizi, per rimanere a galla in un mercato con nuovi oggetti di commercio, che impongono altrettanto nuove modalità di profitto (l’outsourcing ne è un esempio). Nessuna certezza quindi, tranne quella che se si parte con un’attività, bisogna anche rassegnarsi all’idea che la stessa è destinata a modificarsi nel tempo. Cosa fare? Essere pronti, preparati, capire che il processo di apprendimento non può più fermarsi alla scuola, all’università, o alla sola ripetizione di quanto si impara in azienda ( per quanto prezioso possa essere), una volta entrati, perché le nuove idee, quando cominciano a circolare, diventano come linguaggi e in quanto tali indispensabili per riconoscere una idea commerciale vincente.
L’autoapprendimento deve avanzare quotidianamente. Senza spingere la paura all’estremo, come fa chi parla addirittura di nuovo analfabetismo, tuttavia siamo di fronte a una carenza di risorse umane qualificate, per i nuovi “mestieri” dell’Ict, carenza che oltre ad avere ripercussioni sul piano economico, finisce per averle anche su quello sociale, rendendo difficile la riqualificazione professionale e, conseguentemente, l’integrazione dei lavoratori più anziani. In Italia, secondo Idc/Eito, al 2000 risulta una disponibilità negli It skill di 880.000 unità contro una domanda potenziale di un milione (shortage gap di 113.000 unità). Al 2003 lo shortage crescerebbe inerzialmente a 167.000 unità. La domanda totale di skill per l’Ict è destinata dunque a salire,sempre nel nostro Paese, del 26%, nei prossimi tre anni rispetto alla richiesta che c’è stata nel corso del 2000. Analogamente, per quanto riguarda la richiesta di skill per l’eBusiness, in Europa la domanda salirà del 97%, mentre in Italia del 99%. Rimanendo in ambito europeo il totale della domanda è pari al 9% dell’attuale forza lavoro ed è destinata a crescere del 52% nei prossimi tre anni. Tra le azioni individuate per ridurre lo skill shortage c’è sicuramente quella di definire una nuova tipologia di sistemi educativi, cosa che non potrà prescindere dalla necessità di collegare il percorso scolastico a quello della formazione professionale in genere, attraverso una stretta collaborazione tra la scuola, l’università e le aziende. Oltre alla ricerca del nostro Ufficio Studi sull’argomento, abbiamo raccolto le esperienze delle aziende in termini di difficoltà nel reperire risorse umane adeguate e di esperienza di formazione vera e propria al loro interno, con occhio anche al Web, per vedere se davvero si sostituirà all’insegnamento tradizionale in aula.

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