Amazon, Kindle e la scelta in più

Per la prima volta presente al Salone Internazionale del Libro di Torino, Amazon non si focalizza sulla contrapposizione con il mercato tradizionale, ma accende il riflettore sull’utente, in nome della libertà di scelta.

In fondo, è solo questione di tempo.
A chi solo un anno fa, girando per il Salone Internazionale del Libro di Torino, si domandava quando Amazon avrebbe portato anche in Italia tutta la sua proposta Kindle, è bastato aspettare dodici mesi.
Perché Amazon, e più che Amazon proprio Kindle, quest’anno a Torino c’era.
E c’era anche più di quanto lo spazio fisico, in quell’area del Padiglione 2 intitolata Book to the Future dedicata all’editoria digitale, lasciasse presagire.

In effetti, soprattutto nei convegni di scenario che hanno caratterizzato i primi due giorni della manifestazione di Torino, Amazon e Kindle hanno fatto un po’ la parte del convitato di pietra: sempre evocati, anche quando non presenti, in veste di minaccia, di opportunità, di modello.

In realtà, la vera novità, prima ancora del modello di business e della sfida al mercato, va cercata proprio nella presenza dell’azienda al Salone.
”E’ la prima volta che Amazon si presenta con un proprio stand a una manifestazione in Italia – ha dichiarato Martin Angioni, alla guida della filiale italiana. Salvo poi aggiungere che l’unico precedente è quello francese, al Salon du Livre di Parigi, nel marzo scorso.
E anche in quella occasione la società ha scelto di essere presente solo con Kindle e non con l’insieme della sua offerta libraria.

I motivi di questa scelta ben li spiega Gordon Willoughby, vice president of Kindle Content per il mercato europeo: ”Negli ultimi mesi abbiamo impresso una spinta molto rapida all’espansione internazione delle attività legate a Kindle, con le aperture prima nel Regno unito, poi in Francia, Germania, Italia e Spagna. Eventi come il salone di torino rappresentano per noi una opportunità di far conoscere chi siamo e i punti di forza dell’offerta Kindle”.
Willoughbly si dice molto soddisfatto dell’andamento delle attività nel nostro Paese, anche e soprattutto dal punto di vista delle relazioni con gli editori, ”ben allineati nella transizione verso il mondo digitale”.
Il parallelismo con quanto accaduto nel mercato della musica digitale è palese: è un percorso naturale, che si compie tanto più velocemente quanto più si riesce a fare leva sugli aspetti della selezione, della facilità di acquisto e di utilizzo e, perché no?, della convenienza.
E se qualcuno volesse insistere sulla contrapposizione con il mercato tradizionale del libro, Willoughbly, e con lui Angioni, sposta il tiro, riallineandolo verso un concetto di libertà di scelta molto più ”fair” ma anche decisamente più realistico.
Non c’è contrapposizione nemmeno quando si parla di self publishing, perché se è vero che il caso di Amanda Hopkins ha fatto scuola, è altrettanto vero che la stessa Hopkins si è poi affidata a degli editori e a degli editor quando è arrivato il momento di portare il suo libro sui mercati diversi da quello americano.
”Il self publishing è anch’esso una opportunità, che apre le porte a voci nuove, che non si sono sentite prima. Di nuovo rappresenta una opportunità per gli autori, ma anche per i lettori l’occasione di avere più scelta”.

Resta invece abbottonatissimo sul tema Kindle Fire, Willoughbly.
”Stiamo lavorando per creare un buon ecosistema anche intorno a Fire”, si limita a rispondere.
Il che, evidentemente, non dà alcun appiglio per immaginare una data per un lancio europeo del dispositivo che a Natale ha rappresentato negli Stati Uniti la vera alternativa ad iPad.

Dal canto suo, Martin Angioni sorride un po’ di fronte ai toni catastrofisti delle Cassandre che vedono in Amazon l’origine prima della crisi del mercato tradizionale del libro.
”Siamo solo agli inizi. Sfido chiunque a dire oggi come andranno a finire le cose. In ogni caso, saranno le persone, con le loro scelte, a determinare lo sviluppo del comparto. In questo momento noi rappresentiamo una scelta in più. E avere più scelta significa avere più libertà. È come con il mercato delle auto: non saranno gli incentivi governativi o le azioni delle case costruttrici a determinare il successo dell’auto elettrica. Tutto dipenderà dalle scelte dei consumatori finali”.

Sull’andamento del mercato, Angioni rivendica una certa atipicità dei lettori italiani.
Anche in tempi di crisi, sostiene, i forti lettori non hanno mai smesso di acquistare libri. ”Dirò di più – prosegue -. Da sempre in Italia il lettore forte ha sempre acquistato hardcover, più che paperback, e questo ha determinato negli anni una certa solidità del comparto. Ora però la crisi dei consumi si sente e si percepisce anche in un segmento che finora sembrava immune”.
In questo scenario il libro elettronico rappresenta una alternativa interessante per soddisfare il bisogno di lettura di quello zoccolo duro di forti lettori che ha sempre sostenuto il mercato librario italiano. Tanto più che le case editrici stanno tornando a lavorare sul recupero dei cataloghi, tanto più aumentano i titoli disponibili.

In questi pochi mesi di attività con Kindle nel nostro Paese, Angioni ha trovato in qualche misura sorprendentemente positivo l’atteggiamento degli utenti italiani: ”Rispetto ad alcuni altri Paesi come ad esempio la Francia, l’Italia si è rivelata abbastanza aperta alla novità, curiosa desiderosa di sperimentare, priva di chiusure ideologiche. In altri Paesi un approccio più dirigista e centralista ha creato qualche difficoltà in più”.

È un mercato di opportunità, secondo Angioni, nel quale c’è spazio di crescita non solo per i big del comparto: ”Siamo in una fase iniziale, è logico e comprensibile che proliferino intorno agli ebook molte iniziative nuove. Non è detto che tutte avranno successo, perché è vero che piccolo è bello, ma è vero anche che può essere anche pericolo. In qualche caso le dimensioni contano. Ma questo è il momento delle sperimentazioni”.

Massimo riserbo, come poco prima Willoughby, sul prestito librario. Negli Stati Uniti è già una realtà. ”In Europa non ancora”.
Il che, per lo meno, non significa che non arriverà.

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