All’azienda non basta più il talento dei suoi ricercatori

La formazione deve puntare sull’alleanza tra imprese, Università e scienziati a livello internazionale. I consigli del Politecnico di Milano

Copiare è sbagliato ma l’innovazione tecnologica richiede una maggiore collaborazione tra le aziende. Roberto Verganti del Politecnico di Milano ha riassunto così l’importanza della formazione per rilanciare la competitività delle nostre imprese. È l’altra faccia della medaglia: dal risolvere in modo autonomo un determinato problema al trovare la soluzione a quel problema, senza timore di affidarsi anche a risorse esterne. Verganti ha ricordato la strategia inaugurata negli anni duemila da Procter&Gamble: per ognuno dei 7.500 ricercatori della multinazionale americana, ci sono duecento scienziati o ingegneri almeno altrettanto bravi, un milione e mezzo di persone il cui talento può essere sfruttato. Non bisogna chiudere i propri laboratori ma estendere i confini della creatività. La conseguenza è che non si deve misurare l’innovazione dalla quantità degli investimenti ma dalla qualità delle scelte, dalla capacità di abbinare la tecnologia con nuove applicazioni o modelli di business.

L’innovazione aperta
Ci sono moltissime aziende che hanno raccolto frutti più acerbi del previsto dai loro investimenti. Verganti ha citato diversi marchi tra cui Bang&Olufsen, Nokia, Polaroid, Sony, Volvo, Xerox e Yahoo. Nintendo, invece, è un caso virtuoso perché con la Wii ha introdotto una frattura netta rispetto alle altre console per videogiochi, grazie alla possibilità di giocare in movimento (con sensori forniti dall’azienda italiana STMicroelectronics). Sony e Microsoft hanno speso molto più denaro per i potentissimi processori di Playstation e Xbox, ma la Wii è sempre la piattaforma più venduta. Tornando al modello d’innovazione aperta di Procter&Gamble, è chiaro che si moltiplicano le opportunità di ottenere nuovi prodotti più velocemente, abbassando i costi di ricerca e sviluppo. Nel 2004, la multinazionale ha lanciato una linea di Pringles con immagini e scritte stampate sulle patatine, grazie alla tecnologia ideata da un professore di Bologna per i dolci e biscotti della sua pasticceria. Procter&Gamble riuscì a trovare questa soluzione inviando la sua richiesta su internet: si tratta quindi di rivolgersi alle comunità virtuali per acquisire brevetti utili alle proprie esigenze. Ora circa il 35% delle innovazioni di Procter&Gamble proviene da laboratori esterni.

L’offerta del Politecnico
Diventa così evidente che la formazione deve stare al passo con il cambiamento delle attività di ricerca e sviluppo. La gelosia del proprio lavoro deve lasciare più spazio alla condivisione; ovviamente senza peccare d’ingenuità e conservando il massimo riserbo sulle invenzioni nate dentro un’azienda, evitando rischi e controversie sulla paternità dei brevetti. Occorre muoversi in delicato equilibrio tra gestione autonoma e collaborazione, tra accordi di riservatezza e licenze multiple per sfruttare il patrimonio industriale di altre aziende o di altri scienziati e ricercatori, magari nostri concorrenti. La Fondazione Politecnico di Milano ha illustrato con Assolombarda gli strumenti che le imprese, soprattutto quelle di minori dimensioni, possono utilizzare per continuare a investire nelle risorse umane anche in questa fase di lenta ripresa economica. Si parte con i nuovi corsi gratuiti, finanziati da fondi pubblici e interprofessionali, svolti con il contributo di Cefriel, Metid, Consorzio Metis e Poli.Design. I corsi spaziano in numerosi settori: energia e ambiente, marketing, gestione del personale, contabilità e altri ancora. Si passa poi alla formazione continua, con master e dottorati gestiti insieme dal mondo accademico e dalle aziende per garantire la massima flessibilità e coerenza con gli obiettivi degli imprenditori.

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