Ai cybercriminali, i dati personali rubati fruttano circa 400 euro

La società CPP, che si occupa della tutela dei dati personali e delle carte di credito, ha tentato di comprare documenti falsi sul Web e ha scoperto che una patente “taroccata” costa fino a 200 euro mentre gli estremi di un conto corrente “vengono via” a 180 euro.

Circa 250 euro. Questo è
quanto si deve spendere per crearsi una nuova identità se ci si affida ai siti
Internet dedicati alla compravendita di documenti falsi, siti che si possono
facilmente raggiungere tramite i normali motori di ricerca. A fornire questo
dato è CPP, multinazionale specializzata nella tutela dei dati personali e
delle carte di credito a fronte di una ricerca sul fenomeno del furto di
identità che aveva come obiettivo la ricostruzione del percorso che fanno i
dati personali una volta sottratti ai legittimi titolari tramite truffe e
raggiri.

Secondo quanto rilevato da
CPP, per acquistare una patente di guida “falsa” si possono pagare dai 46 ai
200 euro. E’ mediamente meno costoso (23 euro) comprare un “foglio rosa” per motocicli, mentre
ancora di meno si paga per un permesso di lavoro europeo, quotato da alcuni
siti criminali solo 11 euro.

Chi invece volesse
acquistare gli estremi di un conto corrente bancario e una falsa intestazione
di fatture dei principali servizi pubblici essenziali (acqua, luce e gas)
dovrebbe sborsare 184 euro circa. In sostanza, se un cybercriminale ci sottraesse tutti i nostri dati personali potrebbe ricavarci una cifra attorno ai 400 euro.

Tramite Walter Bruschi, amministratore delegato di CPP Italia, l’azienda precisa che “i prezzi rilevati nella ricerca possono
ovviamente subire variazioni, a seconda del “venditore” o dell’area geografica
in cui si svolge la vendita: le organizzazioni criminali statunitensi, per
esempio, praticano dei prezzi mediamente più bassi di quelle europee. E non è
detto che a un prezzo inferiore corrisponda una peggiore qualità del documento
contraffatto”.

Bruschi sottolinea che “a essere messe in vendita non sono solo identità immaginarie, ma
soprattutto i dati personali e finanziari di individui reali”.
In questo
senso, chiunque entri in possesso degli estremi del nostro conto corrente
bancario e delle altre informazioni personali può concludere contratti a nostro
nome o richiedere finanziamenti per effettuare acquisti a nostre spese.

“I problemi legati al furto di identità – spiega
Bruschi – non si limitano al danno
economico iniziale. Dimostrare la propria estraneità agli atti compiuti a
nostro nome da un truffatore e cancellarne gli eventuali effetti negativi, può
richiedere l’avvio di complesse procedure che richiedono l’intervento di
professionisti”.

Nella sua ricerca, CPP
mette anche in risalto il fatto che spesso siamo noi stessi a rendere più semplice
il lavoro a chi per professione di occupa del furto di identità. Gli italiani,
infatti, tendono, un po’ troppo disinvoltamente a fornire i propri dati
personali: l’82,5%, degli intervistati, per esempio, lascia liberamente online
il proprio nome e cognome, il 59% ci aggiunge la data di nascita, il 48% il
proprio indirizzo e il 33% completa il tutto con il numero del cellulare.

In assoluto non si
tratta di comportamenti negativi, perché spesso necessari ad accedere
all’internet banking o per fare acquisti on line. “Però – conclude
Bruschi – è importante prestare la
massima attenzione all’attendibilità di chi ci richiede le informazioni. E sui
social network è sempre meglio non pubblicare troppe informazioni personali:
non si sa mai chi, dall’altro lato dello schermo, potrebbe venirne in
possesso”.

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