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Agroalimentare in digitale: muoversi adesso

Il settore agroalimentare italiano, che tra agricoltura e industria alimentare impiega il 21,7% degli occupati italiani, deve cogliere adesso l’opportunità della trasformazione digitale, perché sinora non lo ha fatto.

È il messaggio che promana dalla ricerca “Gli impatti della Digital Transformation sul settore Agrifood” realizzata dal Digital Transformation Institute con Cisco Italia.

Esempio del ritardo digitale è il settore vitivinicolo, che sì esporta un miliardo di bottiglie, ma in cui il 77,3% delle aziende non ha fatto investimenti a valore in tecnologie ICT o ne ha fatti per meno di 5.000 euro negli ultimi cinque anni.

Eppure il 52% delle imprese dichiara di aver intenzione di fare investimenti superiori a questa soglia nel prossimo futuro, ma c’è anche un 31% di aziende, medio-piccole, che non ha espresso lo stesso livello di interesse.

La mappa della tecnologia nel comparto agroalimentare

La ricerca è un ampio studio che per la prima volta offre una mappatura completa dell’impiego delle tecnologie in tutto il comparto agroalimentare, analizzando le diverse fasi (produzione, trasformazione), i processi correlati, dalla logistica alla tracciabilità alla gestione di controlli e impatto ambientale, e le diverse filiere (carne, pesce, lattiero-caseario, ortofrutticolo, vinicolo, olio).

La ricerca è stata realizzata dal Digital Transformation Institute coinvolgendo in focus group e interviste in profondità oltre 30 esperti, provenienti da associazioni di settore, università e ricerca, realtà aziendali, istituzioni, con l’obiettivo di comprendere  lo stato dell’arte di tutto il comparto, in tema di digitalizzazione.

Sono state individuate tutte le tecnologie, non solo ICT, che hanno avuto finora maggiore diffusione in ogni ambito del comparto agroalimentare (agricoltura e industria alimentare).

Poi è stata fatta una valutazione su quali tecnologie hanno avuto e potranno avere maggiore impatto, su quali sono i punti critici per il percorso di innovazione, quali i punti di contatto fra i diversi anelli della filiera.

A valle è stato elaborato un modello di analisi con cui esaminare il livello di digitalizzazione, il tipo di tecnologie, gli investimenti nelle diverse filiere produttive: carne, pesce, latte, ortofrutticolo, vitivinicolo, olio.

Il modello di analisi è diventato poi un questionario, che è stato utilizzato, per iniziare, con la filiera vitivinicola: sono state coinvolte 307 aziende, selezionate per formare un campione rappresentativo del settore, intervistate con il supporto di SWG.

Nella ricerca sul settore vitivinicolo è stato coinvolto un campione di 307 imprese, rappresentativo delle aziende che producono uva da vino per un valore totale della produzione (classe economica) superiore ai 15.000 euro; le imprese sono state classificate in base alla classe economica (da 15 a 50.000 euro, tra 50.000 e 100.000 euro, oltre 100.000 euro) e per il tipo di produzione (vini DOC e DOCG o altri vini).

Dalla mappatura emerge l’assenza di un vero quadro di insieme, che rende più difficile diffondere nel settore  la consapevolezza delle opportunità della tecnologia e l’urgenza di coglierle per restare competitivi a livello globale.

Mancano competenze digitali

La difficoltà è accentuata da un altro problema: la scarsa presenza nel settore di figure qualificate, con le competenze necessarie per guidare una trasformazione digitale.

Scarsa percezione del bisogno di innovazione e assenza di un approccio sistematico sono gli altri punti dolenti evidenziati dalla ricerca: punti dolenti che hanno conseguenze gravi, come l’incapacità di valutare efficacemente l’impatto degli investimenti che pure vengano fatti.

Siamo alle solite: l’attenzione alla digital transformation è prevalente nelle aziende del comparo agroalimentare che hanno una dimensione industriale e a percepire i vantaggi della digitalizzazione sono di fatto solo le aziende che già investono in tecnologie digitali.

Un fenomeno che rischia seriamente di lasciare indietro la “coda lunga” del settore agroalimentare, composta da migliaia e migliaia di aziende piccole e medie, che invece attraverso la tecnologia potrebbero affacciarsi su un mercato più ampio, migliorare il controllo dei loro processi produttivi, riconoscere e far riconoscere la qualità, l’eccellenza, l’originalità dei loro prodotti – e crescere.

vitivinicolo vino

Il caso vitivinicolo

L’analisi effettuata in dettaglio sul settore vitivinicolo è stata realizzata con un questionario strutturato a partire dai dati chiave emersi nella mappatura del comparto.

Il settore vitivinicolo è stato scelto per primo in quanto ha una presenza omogenea sul territorio italiano, ed è composto per la grande maggioranza da aziende che hanno una filiera integrata – dalla produzione dell’uva fino all’imbottigliamento e alla distribuzione e vendita diretta del prodotto (rispettivamente il 92% e 93%).

Il 77,3% delle aziende vitivinicole italiane non ha investito o ha investito fino a 5.000 euro in tecnologie ICT negli ultimi cinque anni. Del restante 22,7% – che ha investito più di 5.000 euro – la metà (il 49%) è rappresentato dalle aziende più grandi. Dal punto di vista geografico, la distribuzione tra chi investe in tecnologie digitali e chi non lo fa vede un maggior investimento, se pur lieve, da parte delle aziende di Sud e Isole.

Gran parte degli investimenti in digitale effettuati finora evidenzia l’obiettivo di ampliare la base clienti dell’azienda, intervenendo sulla parte finale della filiera: nel 41% dei casi sulla distribuzione, nella vendita diretta al pubblico per il 43%. Di conseguenza, le tecnologie di maggiore interesse sono legate soprattutto al management e alla gestione aziendale (74%), alla tracciabilità (57%), al “ricevere e trasmettere informazioni in forma elettronica (53%).

Guardando alle previsioni di investimento futuro, si nota una tendenza a considerare il valore della digitalizzazione. Il 52% delle aziende ha intenzione di investire più della soglia minima di 5.000 euro: il 30% di chi intende investire è composto da aziende medio grandi. Il 31% di chi non intende investire è composto da aziende medio piccole.

Le tecnologie su cui si intende investire sono legate al ciclo della produzione e all’ottimizzazione dei processi di trasformazione (49% e 57% le ritiene interessanti) e sono centrali i temi legati alla tracciabilità e sicurezza del prodotto, ma anche la logistica e il management e gestione dell’impresa.

L’investimento effettuato in digitalizzazione non sembra essere sempre efficace: il 47% afferma che gli investimenti fatti non hanno inciso sui ricavi, il 15% non sa valutarlo; il 21% dichiara di avere visto un moderato effetto positivo, il 7% soltanto un reale incremento del fatturato.

Questi scarsi risultati si possono legare alla preponderante scelta di intervenire sulla distribuzione, sul web, l’ecommerce, senza una attenta considerazione dei processi retrostanti: solo il 19,3% delle aziende ha un sistema logistico organizzato in modo innovativo, mentre il 38% ha una logistica non informatizzata e il 40% dichiara di non avere alcuna pianificazione logistica.

Il tema della tracciabilità è rilevante per il comparto vitivinicolo: il 51% del campione ritiene che dovrebbe essere sempre obbligatoria.

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